Con la nostra rubrica “Storie di eroi” vi abbiamo raccontato le vite di persone che praticano sport, anche a livello agonistico, nonostante gli handicap fisici. Questa volta non parliamo di una sportiva, ma di una donna dotata di una forza di volontà fuori dal comune, che le vale il titolo di eroina.
Manuela nasce 53 anni fa in Svizzera e le viene subito diagnosticata una acondroplasia, ovvero uno sviluppo anomalo dello scheletro. Per dirla in termini più comuni, è affetta da nanismo armonico: è minuta, ma perfettamente proporzionata. “Nella botte piccola c’è il vino buono”, ci dice lei con una simpaticissima autoironia.
Ad un anno Manuela vince la sua prima sfida: camminare
Se i primi passi sono un qualcosa di scontato per i cosiddetti “normodotati”, per Manuela imparare a camminare ha rappresentato la prima grande sfida della sua vita. “Ai miei genitori – racconta con voce tremante – dissero che non avrei mai camminato. Invece, ci sono riuscita ed avevo solo un anno”. Già da qui si intravede un enorme spirito battagliero ed un orgoglio che l’ha accompagnata fino ad oggi. Di strada ne ha fatta la piccola Manuela da quella prima vittoria. Alla continua ricerca di una piena autonomia d’azione, decide di sottoporsi ad un intervento di artroprotesi. Aveva solo 18 anni, ma confidava di essere più indipendente con quei quindici centimetri in più nelle gambe.
La tenacia la porta a vivere una vita piena
Nanismo o meno, non ha mai voluto dipendere dagli altri la nostra eroina. Riesce a conseguire la patente di guida ed è estremamente fiera di girare per Milano da sola. Diventa infermiera e trova lavoro presso l’Ospedale Sacco del capoluogo lombardo. “Volevo tutto ciò che la vita può offrire, non mi sono mai rassegnata a chiedere le cose come piacere”, ci rivela a testa alta.
La sua più grande aspirazione è sempre stata quella di fare il possibile per vincere la sua battaglia per l’indipendenza. È con questo spirito che affronta più di 30 interventi chirurgici, senza mai lasciarsi scoraggiare. Dopo 25 anni da infermiera, le viene riconosciuta l’inabilità permanente al lavoro. Ma non si rassegna a stare “mani in mano” e si dedica a pieno ritmo al volontariato: “Faccio parte dell’Unitalsi e sono sempre stata molto attiva nel volontariato. Sono stata 8 volte a Lourdes – ci tiene a sottolineare di essere molto religiosa – ed ho incontrato per ben tre volte Papa Francesco. Adoro questo papa e dico sempre che, come lui, sono buona ma non fessa, né passiva. Se mi fanno arrabbiare – sottolinea – so esattamente come reagire!”.
Volontariato a parte, la passione di Manuela è riservata ai suoi 6 nipoti: “Sono la mia vita”. Adora il mare e da cinque anni ha trovato il suo stabilimento balneare ideale, dove le hanno riservato una passerella che arriva fino all’ombrellone. “Ma non tutti i lidi sono così attrezzati – denuncia con forza – anzi molti dovrebbero fare uno sforzo in più per accogliere i diversamente abili”.
La sua nuova missione: abbattere le barriere architettoniche
Manuela non si arrende neanche quando, circa dieci anni fa, ha iniziato ad avere difficoltà enormi nel camminare. Aveva già vinto una volta questa sfida in tenera età, si stava arrendendo. È stato proprio in quel momento che le nostre strade si sono incrociate più intensamente. Fino ad allora avevamo sempre visto una Manuela combattiva, che aveva sì bisogno di ausili, ma andava avanti con grande forza di volontà. Vederla giù, sapere che si era chiusa in casa, scoraggiava anche noi. Ci è voluta un po’ di insistenza da parte dell’amata sorella per farle accettare l’idea di potersi muovere liberamente anche senza usare le gambe. Superata la titubanza iniziale, Manuela prova il suo primo scooter e ritrova, ancora una volta, la voglia uscire. Sono passati 8 anni da allora e Manuela ha ritrovato il sorriso e il piacere di essere indipendente negli spostamenti.
Ora però ha una nuova missione: abbattere le tante barriere architettoniche che incontra ogni giorno. “Perché se uno non guarda il mondo dalla prospettiva di chi è in carrozzina, non può capire quali e quanti ostacoli ci siano sui nostri marciapiedi e sulle nostre strade. Per eliminare questi ostacoli – conclude saggiamente – occorre l’aiuto di tutti, uno sforzo condiviso!”. Il Centro Ortoprotesico Italiano farà la sua parte nel sensibilizzare l’opinione pubblica su questa importante sfida. Facciamolo tutti.